Uscendo dalle fogne usarono la stessa accortezza di quando entrarono. Lasciarono in una delle casse il nuovo marchingegno creato da Lauren. Segnarono la posizione del rifugio sulla mappa e poi tornarono all’entrata delle fogne.
«Bene Ratti. Domani mattina avrà inizio il piano di salvataggio dei genitori di Seyta. Dovranno far finta di raggiungere i posti di lavoro. Quello che però accadrà è che li scorteremo al rifugio. Sey, assicurati che si portino solo l’indispensabile, devono essere credibili. Ci divideremo in gruppi per portare loro i viveri e controllare che nessuno li scopra. Wo, brutto idiota. Tu prima di raggiungere casa vai dalla dottoressa Ehlya e fatti rattoppare. Per tutti gli altri, andremo al Quartier Generale e inizieremo ad organizzarci.» disse Lauren, imperativa.
Tutti fecero un cenno con la testa per poi dividersi.
Ehyla era una dottoressa piuttosto famosa nei vicoli della periferia e probabilmente una delle poche persone ad essere lasciata in pace dalle Aquile. Aveva la fama tra i bambini di curare le ferite senza lasciare traccia. Ma soprattutto non diceva mai nulla ai genitori, così ogni ragazzino che combinava qualche guaio si recava da lei e i danni erano sistemati. Facendosi strada tra le sporche viottole del quartiere Iwon raggiunse la sua casa.
La famosa dottoressa mostrava tutta la sua altezza alla porta mentre salutava un passante. Aveva lunghissimi capelli biondi raccolti in una treccia sempre ben fatta. Gli occhi azzurri come il ghiaccio avevano sempre fatto la loro figura sul giovane Ohery, tanto che ancora oggi li ricorda con emozione. La sua bellezza unica l’aveva aiutata nella popolarità tra i più giovani.
«Dottoressa!» chiamò Iwon, mentre gli correva incontro.
«Iwon, quale peripezia ti ha procurato questi ricordi stavolta?» rispose sorridente, guardando le gambe insanguinate del fanciullo. Lo fece entrare, portandolo nello studio.
«Eravamo nelle fogne a caccia di topi, Dottoressa.»
«Voi ragazzini non riuscite a stare tranquilli eh? Hai fatto bene a venire da me, guarda come sei ridotto...» rispose, uscendo dalla stanza.
«Dottoressa, devo dirle alcune cose.»
Ehlya rientrò tenendo in mano una borraccia.
«Sentiamo, Iwon.»
«Io e i miei amici abbiamo trovato nelle fogne una stanza con delle casse. In ognuna di queste vi erano delle scatolette di cibo. Ci è sembrato così strano... Lei sa molte cose, non è che sa dirci qualcosa su queste?»
«Devono essere i rimasugli del traffico di materiali. Pensavo che fossero stati murati tutti.»
«Infatti lo erano. Diciamo che il motivo per cui ho queste ferite ne è connesso.»
«Bene, ma immagino non volessi dirmi solo questo.»
«Come sa, i genitori di Seyta sono finiti nei casini con le Aquile e temiamo che in uno di questi giorni li vadano a prendere.»
«Sì, dunque?»
«Dunque, se uniamo quello che abbiamo scoperto oggi con una loro ipotetica fuga...»
«Ah, volete salvarli?»
Iwon rispose con un cenno.
«Avrete tutto il mio sostegno e, se serve qualcosa, potrete pure contare su di me.» continuò con un gentile sorriso la donna.
Iwon rimase in silenzio per un po' mentre la dottoressa lo stava disinfettando. Il bruciore non era nuovo tra le cose sopportate dal ragazzo. Ne era così abituato da non mostrare alcuna smorfia.
«Veramente c’è di più. Pensavamo di renderlo un rifugio per tutti coloro che fuggono dalle Aquile.»
Ehlya rimase in silenzio.
«E abbiamo fondato una sorta di gruppo.»
«Ah, riuscite sempre a stupirmi! Come vi fareste chiamare?» rispose piatta la donna.
«I... Ratti.»
«Bene, vuol dire che d’ora in poi sarò un Ratto pure io.» sorrise facendo un occhiolino.
Poi continuò: «E se qualcuno avrà bisogno di voi chiederò a Lauren.»
Iwon sorrise e quando la donna finì corse immediatamente a casa. Sua madre come sempre lo attendeva trepidante. Era sempre preoccupata per lui e, visti i tempi, a buona ragione.
La serata per tutti i Ratti sembrava non passare. Pensavano ai centinaia di scenari possibili, a tutti gli ostacoli che avrebbero potuto mandare a monte la primissima operazione del gruppo. Ma la più preoccupata di tutti era Seyta. Aveva visto l’indecisione negli occhi di quei genitori che da sempre le volevano bene. Aveva visto la loro tristezza nell'abbandonare una casa in cui avevano realizzato ogni sogno. La loro casa. Ma guardando la determinazione della figlia che, nonostante tutte quelle emozioni, continuava a tenere alta la testa, si decisero.
«Fidatevi di noi.» furono le ultime parole che Seyta disse loro quella notte.
La mattina successiva, appena prima dell’alba, i Ratti si trovarono sotto casa della ragazza. Per passare inosservati parlavano al bordo della strada, facendo finta talvolta di giocare. Quando finalmente i genitori scesero il piano ebbe ufficialmente inizio. I due si mescolarono infatti alla folla di lavoratori e marinai mentre da lontano il gruppo li seguiva. Seyta rimaneva accanto al padre scrutando tutt’intorno a lei.
Dopo qualche minuto il gruppo si divise in diverse coppie. Iwon e Keyla andarono avanti insieme in avanscoperta. Bisognava ridurre al minimo la possibilità che qualche guardia notasse i coniugi in mezzo alla folla, perciò ad ogni pattuglia si sarebbe dovuto cambiare strada guidando così i fuggitivi alla meta nella maniera più sicura.
Per la maggior parte del viaggio le cose andarono bene. Sporadiche squadre di pattuglia, già occupate altrove, venivano prontamente segnalate dal gruppo di testa e le altre coppie si organizzavano di conseguenza. Facevano sì che più persone si avvicinassero ai genitori di Seyta, nascondendoli nella confusione.
Ma più si avvicinavano alla meta più la folla si diradava. Così, arrivati all’ultima strada prima del vicolo, si trovarono davanti al primo vero problema della giornata.
Una coppia di Aquile, infatti, stava a qualche decina di metri dalla via dove si trovava il tombino. Il gruppo non poteva sperare di passare inosservato. Da quella posizione le guardie li avrebbero sicuramente visti.
Il piano sembrava aver avuto una botta d’arresto.
«Dobbiamo fare qualcosa.» disse Keyla, facendo segno di rallentare al gruppo.
Iwon guardò la pattuglia e poi verso l’amica.
«Speriamo bene.» si disse.
Improvvisamente scattò verso le guardie. Quello era l'unico modo per distrarle.
Queste non appena lo videro si misero ad inseguirlo e in poco tempo lo raggiunsero, per poi buttarlo a terra. Iniziarono a prenderlo a calci sulla pancia, ridendo di gusto.
«Ieri ti avevamo avvisato, inutile essere!» gridò il più giovane dei due.
«Voi sporchi ladri non sapete far altro che trasgredire le regole!» rimproverò il secondo.
Il tutto accadeva sotto gli occhi increduli e terrorizzati dei Ratti.
Solo L dopo qualche secondo riuscì a dire: «Forza, non sappiamo quanto tempo ci ha concesso!»
Il gruppetto così entrò nella via in trepidante attesa del giovane martire.
Quando sentirono le grasse risate allontanarsi videro Iwon che, tenendosi la pancia, avanzava lentamente nella via. Keyla e Krammer si avvicinarono subito per aiutarlo.
Il ragazzino malridotto si appoggiò a loro e insieme raggiunsero il gruppo. Lauren lo guardò preoccupata.
«Come ti senti?» gli chiese
«Tutto bene L. Abbiamo un’operazione da portare a termine, veloci.» le rispose Iwon, sedendosi in attesa.
La ragazza fece un cenno e Krammer spostò la botola. Uno alla volta tutti scesero rapidamente nelle fogne. Raggiunsero il rifugio seguendo la mappa aggiornata.
«Grazie mille ragazzi.» disse il padre di Seyta.
«Vi dobbiamo molto.» continuò la madre.
«Di nulla. Cercate di mettervi comodi e di sistemare il rifugio come meglio potete. Probabilmente Sey ve lo ha già detto ma d’ora in poi potrete considerarvi parte dei Ratti. Mentre voi tre sarete qua sotto potrete sistemare al meglio il rifugio e cercarne altri. Secondo me questo potrebbe non essere il solo nascosto qui sotto.» disse L.
Seyta parve confusa.
«T-tre?» chiese.
«Sì. Visto che i tuoi sono in pericolo anche tu lo sei. Se uscissi come se nulla fosse rischieresti di portare al rifugio le Aquile e in questo momento non ce lo possiamo permettere.»
«Ma…» iniziò a dire Seyta, quando Iwon l’abbracciò interrompendola.
«Sey, L ha ragione. Per il momento sei più sicura qui, coi tuoi. A voi ci penseremo noi.» la rassicurò Keyla.
La ragazzina si mise in un angolo, seduta. Krammer e Keyla le facevano compagnia.
«A disposizione avrete una mappa delle fogne per qualsiasi evenienza e il nostro marchingegno. Seyta sa già come va maneggiato ma in ogni caso ve lo dirò direttamente.» disse L, iniziando poi a spiegare l’esatto funzionamento del JJKR-22.
Finita la rapida lezione il gruppo si divise. Dopo aver abbracciato Seyta i Ratti uscirono dalla botola e guardarono in alto.
Nuvoloni scuri e carichi di pioggia minacciavano il cielo.
«L, ho detto del gruppo a Ehlya.»
«Lo so, Wo. Hai fatto bene, potrebbe tornarci utile.»
«D’ora in poi sarà ancora più dura, vero?» chiese Iwon pur sapendo già la risposta.
Lauren si mise di fronte a Wo.
«Temo di sì. Ma i Ratti non si fermeranno fino a quando non avranno vinto.» disse L, fissandolo negli occhi.
La pioggia scrosciava più forte che mai, abbattendosi sui tetti, sulle strade e sulla testa di Iwon. Alcune Aquile a lato della strada, troppo pigre per rincorrerlo, lo inseguirono solamente con lo sguardo, sbadigliando.
Era passato quasi un anno da quando i genitori di Seyta vennero tratti in salvo. Da allora altri ricercati raggiunsero le fogne dei Ratti, raccomandate per la maggiore da Ehlya. Seyta, nel mentre che i suoi amici seguivano gli affari in superficie, aveva espanso di molto la mappa delle fogne e con l’aiuto dei suoi e di altri rifugiati che man mano arrivavano, aveva scovato altre stanze da cui furono ricavati molteplici rifugi.
Per fare ordine i rifugi assunsero i nomi dei fondatori dei Ratti. Il primissimo fu, come scontato, il Rifugio Seyta.
Il secondo e il terzo, trovati qualche giorno dopo il primo salvataggio, furono intestati a Keyla e Iwon. Quarto, quinto e sesto invece presero i nomi di Krammer, Pej e Moher. Il settimo, quello più riparato, fu dedicato a Lauren. L’ottavo venne usato come infermeria di emergenza e fu intestato ovviamente a Ehlya.
In quel triste pomeriggio piovoso Iwon aveva solo un pensiero. A testa bassa, sotto la pioggia battente, il ragazzo svoltava di via in via, giungendo infine al vecchio salice. Ad attenderlo sotto la fronda rimaneva sola Lauren. Era cambiata davvero molto durante quell’anno. Come diceva Iwon scherzando la crescita aveva dato i suoi frutti.
«Ehi. Ho sentito cosa è successo… Mi dispiace per tua madre, Wo.»
«Spero solo non sia nulla di troppo grave… Ehlya se ne sta prendendo cura.»
Fu un momento di triste silenzio accompagnato dal ritmico e incessante rumore della pioggia.
«L, dobbiamo portare mia madre al rifugio Ehlya. La cercheranno ancora, lo so.»
«Certamente, ma ora non concentrarti su questo. Non lasciare che le tue emozioni ti guidino verso vie sbagliate.»
«È colpa mia. Non dovevo dirle niente. Non dovevo fare tardi quella sera…»
Lauren rimase in silenzio. Mise solo la sua mano sulla spalla di Iwon che ora aveva lo sguardo basso.
«Non darti colpe. Hai semplicemente fatto quello che ti è sembrato giusto e lo hai fatto al meglio. Questi imprevisti possono succedere.»
«Non dovevo permetterlo.»
«Non potevi prevederlo. Senti, rovinarti per un errore non lo farà espiare ne dimenticare. Devi solo accettare il fatto che sia successo e andare avanti. Solo così avrai il futuro per cui stiamo lottando.»
Iwon si girò verso di lei e abbozzò un sorriso.
«Bene, apprezzo lo sforzo.» rispose Lauren sorridendo.
I primi raggi di sole si facevano strada tra le nuvole, mentre la pioggia iniziava ad acquietarsi.
«Tuttavia, Iwon, temo che non potremo portare avanti a lungo la faccenda dei rifugi. Tutta questa gente che scompare nel nulla sta attirando la curiosità delle Aquile. Più andremo avanti, più sarà difficile tenere le guardie lontane dai fuggitivi. Dobbiamo trovare al più presto un modo per ribaltare le sorti o i Ratti moriranno.»
«Dobbiamo preparare una fuga?» chiese Iwon.
«O una battaglia.» rispose Lauren.
Intanto a qualche chilometro di distanza un uomo in scintillante armatura stava rapidamente marciando attraverso le immense sale di una villa. Arrivato finalmente all’ultima stanza bussò e da dentro una voce cupa e preoccupata lo incalzò: «Presto, entra!»
L’Aquila entrò con un piccolo inchino.
Un panciuto signorotto stava guardando fuori dalla finestra. Il vestito era pregiato, come mostravano i molti fregi dorati ricamati sopra. Il volto era serio e immobile. Gli occhi scuri che ammiravano la pioggia scintillavano come pietre preziose.
«Signore, mi ha fatto chiamare?»
«Ditemi, quanti prigionieri avete fatto negli ultimi mesi?»
«Ora come ora non ricordo i numeri esatti, mio Signore.»
«A confronto di quelli previsti sei in grado di dirmelo?» tuonò la grossa figura dietro alla pregiata scrivania.
«Abbastanza.» rispose la guardia intimidita.
«Descrivimi questo abbastanza, ti prego.» continuò. A fatica riusciva a trattenere quella viscerale rabbia che lo stava divorando.
«Non tutti i ricercati sono stati trovati ma una parte di quelli interessati sì.»
«Sai questo cosa significa?» disse portando la sua cospicua mole di fronte alla finestra.
«Che alcuni stanno fuggendo.»
«O che si stanno nascondendo, ma hai ragione. Dunque vi serve un comando per capire che quando qualcosa non va voi dovete prendere le contromisure necessarie? Riuscite ad usare quel minimo di cervello che vi ha permesso di essere il capo delle mie guardie? State mettendo in cattiva luce e soprattutto in pericolo la mia famiglia, dunque me. Vi ho assunto per un motivo, Klehyr, e non intendo sentire scuse al riguardo. Ma visto che siete qui ci tengo a darvi io dei suggerimenti. Aumentate la sorveglianza nel cerchio esterno e iniziate a fare perquisizioni nei palazzi in centro. Se vogliono nascondersi lo faranno dove è meno ovvio trovarli. Perciò o risolverete la questione o giuro sul buon nome dei Klyneiamenn che vi do in pasto ai cani. E ora andate! Trovate i fuggitivi e uccideteli se necessario! Voglio che questa storia finisca al più presto!»
La guardia scattò fuori dalla sala mentre la grossa figura passava le dita sugli enormi baffi che gli adornavano la faccia.
Passò qualche giorno prima che Lauren chiese un incontro al Rifugio Seyta ai Ratti. Non specificò nulla a nessuno ma affermava solo che era di fondamentale importanza che tutti ci fossero.
«Vi ho convocati qui, amici miei, perché è arrivato il momento di prepararci alla battaglia. Mi è stato riferito da molte persone che nell’ultimo periodo le Aquile hanno iniziato a setacciare le zone del centro, usando varie scuse. La verità è che ci stanno cercando, sebbene abbiano errato nelle posizioni. Altri informatori hanno detto che le mura esterne ora sono più sorvegliate che mai e questo non fa altro che confermare il mio timore. Per il momento dovremo saperlo solo noi. Non voglio che il panico si riversi nelle fogne altrimenti andremo incontro a morte certa.»
Tutti gli altri si guardarono preoccupati.
«Tuttavia possiamo usare questa cosa a nostro favore.» sopraggiunse Iwon.
«Esatto, ci stavo arrivando. Possiamo sfruttare la carta del tempo a nostro favore. Se facciamo credere che a fare la prima mossa saremo noi il morale qui sotto potrebbe migliorare e magari altri si uniranno alla nostra causa. Neppure nelle zone del centro la piega che ha preso la città piace più. Con tutti i casini che si stanno creando rischiano di far arrivare i problemi alle attenzioni dei pezzi grossi del Regno e questo molti vogliono evitarlo. Basterà aspettare il momento giusto e potremo scatenare la guerra che riporterà la Perla Bianca al suo antico splendore.»
Un raggelante silenzio si era steso su tutto il gruppo, che ora guardava la propria leader confuso.
«Quindi è questo il nostro destino?» chiese Moher.
«Non siete obbligati ma potrebbe esserlo. Se non facciamo nulla però state certi che ci troveranno e ci uccideranno tutti. Senza alcuna pietà.»
Krammer recuperò un tubo di ferro da terra dicendo: «Allora combattiamo, fratelli miei.»
Iwon scrocchiò le dita, aggiungendo: «Qual è il piano?»
Lauren, recuperato un pezzo di carta, abbozzò una strategia.
«È da rifinire, ma l’idea in generale è questa. Recuperati i materiali necessari e addestrati i volontari potremo passare all’azione. Per ora è tutto, voi intanto spargete la voce.»
Ma prima che tutti potessero andare L prese Iwon per mano.
«Io e te dobbiamo pensare a tua madre. Ehlya mi ha detto che è in grado di aiutarci per poterla portare qui ma dobbiamo avvisarla entro domani mattina.»
A Iwon si illuminarono gli occhi.
«Andiamo ora!» disse, correndo verso l’uscita.
Passando di strada in strada riuscirono a raggiungere la casa della dottoressa senza incontrare guardie.
«Forza ragazzi, dentro.»
«Siamo qui per mia madre.»
«Lo so, Iwon. Vi sta aspettando nel mio studio, intanto mi preparo per uscire.»
«Non sapevo foste già pronte.» disse Lauren.
«In questi casi sono sempre pronta!» replicò la dottoressa.
I due corsero nell’altra stanza.
«Mamma!» urlò Iwon abbracciandola.
«Tesoro, mi spiace se ti ho fatto preoccupare!» disse la donna in lacrime, abbozzando un saluto pure alla ragazza.
Lei rispose solo un semplice cenno con la testa, lanciando di tanto in tanto occhiate fugaci fuori dalla finestra.
«Ti ho fatto preoccupare e sei finita in questo modo mamma, è tutta colpa mia.» continuò Iwon guardando in basso.
«Sono io che ho avuto la brutta idea di venire a cercarti fuori, piccolo mio. Non potevi pensare che mi azzardassi a chiedere anche alle guardie dove fossi. Quel che mi hanno fatto dopo è solo colpa mia. Ma finché le Aquile non mi porteranno via mio figlio andrà tutto bene. Mi sei mancato, tesoro.» rispose asciugandosi le lacrime.
Ehlya entrò in stanza.
«Forza, prima andiamo e meno probabilità abbiamo di trovare guardie in giro.»
Iwon prese sua madre e affiancato da L uscì.
Raggiunsero il tombino con facilità, aiutati dalla buona fama della dottoressa nei punti più pericolosi del percorso. E passando tra i corridoi portarono la donna nell’infermeria.
«A lei ci penso io, voi andate.» disse Ehlya.
«Raggiungiamo gli altri, Wo. Dobbiamo recuperare tutti i materiali il prima possibile se vogliamo avere successo.»
Fu così che nei giorni successivi sparsero la voce di rifugio in rifugio. Chiunque volesse dare una mano era ben accetto. La raccolta di materiali stava portando molti frutti, aiutata anche dalla collaborazione di alcuni aiutanti in superficie. E man mano che il tempo passava i Ratti iniziavano a farsi un nome nei vicoli. Il malcontento generale, certamente aiutato dai comportamenti sempre più opprimenti delle Aquile, trovava terreno fertile nelle periferie e solo i Ratti riuscivano a trarne il meglio.
Arrivò la sera in cui la prima parte del piano sarebbe stata messa in atto. Quella sera infatti sarebbe iniziata la rivoluzione.
Ti è piaciuto questo capitolo? Inviaci il tuo parere all'indirizzo taverna.delle.leggende@gmail.com, oppure condividi la tua opinione sui nostri social!